Cannabis e sessualità

Se negli anni ’70 la cannabis era considerata la ‘droga dell’amore’ , poiché i suoi consumatori dichiaravano un miglioramento della proprio vita sessuale, i risultati di uno studio pubblicato sul Journal of Sexual Medicine nel 2011 e condotto dal dottor Rany Shamloul,  le cui ricerche sono il frutto di una collaborazione tra università di Ottawa, la Queen’s università del Canada e l’università del Cairo, hanno mostrato invece un collegamento tra l’utilizzo di marijuana e le disfunzioni erettili, individuando nel pene un recettore per la Thc (tetraidrocannabinolo), principio attivo della cannabis, che funge da inibitore nell’erezione.

I recettori di tale principio attivo sono infatti situati sulla muscolatura liscia del pene e questo induce effetti sulla funzione erettile, di cui la muscolatura liscia risponde per il 70%.

Da un rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga risulta che la marijuana è una droga usata ogni anno da 162 milioni di persone nel mondo, ed il suo uso è molto diffuso soprattutto tra i giovani, che ne sottovalutano ampiamente i rischi contrapposti ai momentanei ‘benefici’.

“È un messaggio forte quello che dobbiamo comunicare alle nuove generazioni ed ai giovani uomini”, ha osservato il ricercatore, “poiché la vita sessuale adulta di tali ragazzi potrebbe essere compromessa, e se ulteriori studi confermeranno i risultati ottenuti dalla ricerca i giovani dovrebbero scegliere tra il ‘piacere’ di uno spinello giovanile ed il ‘piacere’ di una sana e soddisfacente vita sessuale.”

 

Cannabis e salute dentale

Una ricerca neozelandese della Scuola di Medicina di Dunedin, pubblicata nel 2008, ha seguito  oltre 900 persone di età fra 18 e 32 anni, monitorando regolarmente il loro consumo di cannabis e i controlli dentari. Lo studio, pubblicato sull’ultimo numero della rivista dell’American Medical Association, indica che la malattia peridentaria colpisce più severamente chi fuma più spesso: in questo gruppo una persona su quattro ha contratto una condizione cronica entro l’età di 32 anni.

Dai check-up più recenti è risultato che appena il 6,5% dei non fumatori di cannabis mostrava forti sintomi di infiammazione e di deperimento dei tessuti associati con affezione peridentaria. La proporzione sale però all’11% fra chi fuma spinelli occasionalmente, ed al 24% fra chi ha ammesso di fumarli regolarmente sin dall’età di 18 anni. Nell’insieme, fra i fumatori abituali, cioé chi fuma in media 41 o più spinelli l’anno, fra 18 e 32 anni, il rischio di contrarre la malattia è del 60% superiore alla media della popolazione, anche escludendo altri fattori possibili come la placca dentaria. Studi precedenti avevano già legato la malattia peridentaria al fumo di tabacco, ma questo studio è il primo che la lega all’uso di marijuana.

Il risultato é stato ulteriormente supportato da un lavoro del 2012 (Periodontal and oral manifestations of marijuana use.Rawal SY, Tatakis DN, Tipton DA. J Tenn Dent Assoc. 2012) che, oltre a presentare lo studio di due casi specifici, ha revisionato la letteratura sull’argomento, concludendo per un aumentato rischio di paradontosi (allargamento gengivale) in soggetti consumatori cronici di Cannabis.

Cannabis e cancro

I ricercatori del Jonsson Cancer Centre dell’Università di California, a Los Angeles, sono arrivati alla conclusione che fare uso di marijuana può far venire il cancro, a causa delle sostanze cancerogene contenute nella marijuana, molto più forti che nel tabacco.

Secondo il Dottor Zhang, senior researcher dello studio, chi fuma poco, rischia anche poco, chi fuma molto, corre molti rischi e chi ha cominciato a fumare giovanissimo, dovrebbe stare in guardia nei confronti dei sintomi del cancro alla testa e al collo, molto comune anche fra i fumatori accaniti e i forti bevitori.

Un ulteriore studio dell’Università di Leicester nel Regno Unito indica che fumare cannabis altera il DNA e aumenta il rischio di cancro. I risultati di questo nuovo studio, che getta nuova luce sull’uso della cannabis come stupefacente, sono stati pubblicati sulla rivista “Chemical Research in Toxicology”.

Per la ricerca, condotta da scienziati provenienti dal Dipartimento di Studio sul Cancro e Medicina Molecolare del Karolinska Institute di Stoccolma in Svezia, è stata impiegata una tecnica ultrasensibile detta cromatografia liquida e la spettrometria di massa tandem per trovare chiare indicazioni sul possibile danno al Dna in condizioni di laboratorio.

I ricercatori mettono l’accento sul fatto che il fumo, in particolare quello di tabacco, è notoriamente tossico. Di fatto, questo, contiene oltre 4.000 sostanze chimiche di cui almeno 69 sono state classificate come cancerogene. La marijuana per essere fumata viene , in genere, mescolata con il tabacco poiché da sola è meno combustibile. In virtù di questa sua caratteristica, la cannabis contiene il 50% in più di policiclici aromatici cancerogeni, idrocarburi compresi il naftalene, benzantracene e benzopirene, che non il fumo di tabacco. In totale, il fumo di questa, contiene circa 400 composti, di cui 60 cannabinoidi.

Nell’articolo pubblicato, gli scienziati forniscono i dati relativi all’analisi condotta con la spettrometria per provare che, in condizioni di laboratorio, il fumo di cannabis danneggia il Dna umano.