1. Origini del metodo e attuali applicazioni

Paul Ekman ha dimostrato l’esistenza di sette emozioni primarie aventi display cinesico facciale universale. Ciò vuol dire che esistono sette emozioni che, strutturate su base evolutiva dunque per ragioni di sopravvivenza della specie, vengono espresse con una mimica facciale che è uguale per tutti gli esseri umani, prescindendo dal sostrato socio-culturale di appartenenza. Tale modello trova i suoi natali nella teoria evoluzionista di C. Darwin, la quale sostiene che tale peculiarità espressiva si è consolidata per queste emozioni primarie in quanto si sono rivelate necessarie allo scopo di preservare la specie umana nel corso del suo sviluppo. Tali emozioni sono: felicità, rabbia, tristezza, disgusto, paura, sorpresa e disprezzo. A ciascuna di queste sette emozioni corrispondono determinati pattern muscolari del volto i quali le identificano in modo peculiare. Tali attivazioni muscolari sono codificate nel FACS (Facial Action Coding System), scritto appunto da P. Ekman, W.V. Friesen e J.C. Hager.

Ekman ha inoltre scoperto le microespressioni, ossia espressioni facciali relative sempre alle 7 emozioni base, che però appaiono sul volto per un tempo che va dai 0.17 ai 0.25 secondi, in modo involontario e inconsapevole.

Altri studi stanno attualmente avvenendo allo scopo di identificare tratti universali espressivi anche di altre due emozioni quali la vergogna e il senso di colpa. Il modello di Ekman ha specificato ulteriormente il modello della comunicazione proposto dalla scuola di Palo Alto e della comunicazione pragmatica identificando alcuni pattern specifici e distinguibili delle sette emozioni in ciascuno dei cinque canali della comunicazione esistenti: stile verbale, contenuto verbale, voce, linguaggio del corpo, espressioni facciali.

L’analisi dei vari canali e la relativa intercongruenza ha permesso di conseguenza di identificare con elevata efficacia anche la relativa assenza della suddetta congruenza, fattore che indica invece un deficit di credibilità e attendibilità di quanto riferito.

Il metodo è stato di conseguenza utilizzato negli USA all’interno di varie forze dell’ordine, incluse Polizia di Stato, Polizia di Frontiera, Antiterrorismo ecc. In Inghilterra, nazione sede della Paul Ekman International (PEI), sta avvenendo altrettanto.

In Italia tale metodologia sta venendo presentata per la prima volta nel corso di questo anno (2013), attraverso la I&G Management, unico ente certificatore nazionale del metodo Ekman e rappresentante la PEI in Italia, alle forze dell’ordine Nazionali sia nell’area di Milano che di Roma, agli Enti Accademici e in varie Istituzioni.

Ciò che si sta tentando ora di fare è continuare ad avviare l’utilizzo di questa metodologia anche in ambito peritale, oltre che investigativo, al fine di avere strumenti e risorse sempre più aggiornate e scientificamente attendibili per essere di maggiore ausilio possibile in qualità di consulenti professionisti e permettere a magistrati e forze addette di ottimizzare non solo tempistiche ma anche l’attendibilità degli esiti processuali. Questo sta avvenendo per la prima volta attualmente attraverso la dr.ssa Erica Poli Erica e il dr. Emanuele Botta, i quali stanno tentando per primi di unire il metodo e le competenze acquisite sia nella loro veste di clinici, che nella loro veste di periti e psicologi giuridici.

2. L’analista emotivo-comportamentale”

L’analista emotivo-comportamentale è una figura ancora non ufficializzata in Italia che è così denominata allo scopo di semplificare e identificare un professionista che, ottenuta una determinata qualifica nel metodo Ekman, qualifica rilasciata in Italia esclusivamente dalla I&G Management, agenzia di formazione rappresentante la PEI in Italia, la applica in molteplici contesti con il medesimo scopo e funzione: redigere un profilo dei soggetti con cui si interfaccia allo scopo di identificare una serie di elementi in merito a quanto riferito e in merito alla persona stessa che lo sta riferendo, su base fenomenologica, quindi osservando i suoi agiti, in relazione ai cinque canali della comunicazione sopramenzionati, e correlandoli con metodologia scientifica e probante alle relative emozioni corrispondenti, valutando così il tipo di relazione che sussiste tra quanto riferito e quanto il soggetto risulta aver esperito mentre lo riferiva.

In questo modo è possibile valutare il livello di congruenza e consistenza delle dichiarazioni e dunque l’identificazione di possibili deficit di credibilità. Inoltre il metodo, approfondito e associato con competenze psicologiche e psichiatriche inerenti anche la conduzione di un colloquio peritale, rende possibile indagare elementi che solitamente passano inosservati e dunque agevolare e velocizzare l’emergere di fattori probanti che poi possono essere indagati e verificati e che spesso passano inosservati.

Quanti sono attualmente i consulenti o i professionisti certificati e addestrati a leggere espressioni facciali parziali o intere che compaiono per meno di un quarto di secondo correlandole con gli altri quattro canali della comunicazione, e viceversa Nessuno.

In merito all’abuso o ad eventi traumatici in generale inoltre il metodo Ekman permette di rilevare indici che permangono attivi, in quanto inconsci e involontari, come le microespressioni, nonostante la presenza di amnesie dissociative e dunque impossibilità di richiamare a memoria cosciente l’evento interessante il reato. In questo modo il fatto che la persona ricordi effettivamente qualcuno o qualcosa certo non diviene secondario, ma non costituisce più un ostacolo limite all’indagine e la valutazione di fatti o persone.

Avere questi indici emotivi riferiti più o meno spontaneamente a se stessi, a ciò che viene detto o alla persona cui viene detto, differenze che possono essere e vengono indagate direttamente in loco, permette di comprendere il reale vissuto della persona, e dunque in primis ne agevola la comprensione empatica, come anche facilita il distacco se tali emozioni non risultano presenti e vengono simulate; in secondo luogo, come detto, permette di rilevare con una percentuale di attendibilità pari all’87% (nel poligrafo è pari al 54%), la credibilità e la presenza di menzogne.

Ciò che si sta cercando e si spera di ottenere, naturalmente per i professionisti adeguatamente formati e possedenti certificazione di training più le dovute competenze peritali, è di veder riconosciuta, e dunque applicabile, la presente metodologia nei rispettivi campi di esercizio professionale, e nel caso particolare in quello giuridico-peritale.

Questo in quanto si ritiene doveroso avere un costante aggiornamento metodologico scientifico al fine di offrire prestazioni sempre più efficienti e fornire ausilio tecnico puntuale e attendibile ai pazienti come anche ai funzionari pubblici e ai magistrati.

Se il decorso di un processo e la veridicità e discutibilità dei rispettivi esiti è direttamente correlato con la qualità e quantità di elementi probanti raccolti nel corso di esso, e naturalmente il relativo utilizzo e considerazioni effettuate in merito, avere una metodologia e dei professionisti formati in grado di raccogliere e collegare ulteriori elementi che sono sempre stati presenti, ma difficilmente o mai stati riconosciuti in quanto sottili ed estremamente tecnici (ad es. l’analisi della voce oltre che delle espressioni), in merito a canali della comunicazione che utilizziamo quotidianamente, potrebbe rappresentare un sostegno innovativo e realmente in grado di fare la differenza sul campo.