Non c’è nulla di più potente che io conosca del perdono, per guarire e liberare dalla sofferenza.

Perdono verso qualcuno che ci ha ferito, perdono verso qualcuno che ci ha lasciato, perdono verso noi stessi, per ciò che abbiamo fatto o non fatto, perdono verso la vita che ci ha fatto soffrire, perdono verso il destino che ci ha trattato duramente, perdono verso Dio per non aver ascoltato le nostre preghiere…

La perdita di un amato è una delle prove più grandi che ci troviamo ad affrontare e in questa prova vivere l’esperienza del perdono è come rinascere.

Alcuni di noi credono in Dio, altri nel destino, altri nel diavolo, altri nel caso… così una prova grande come il lutto può essere interpretata come una punizione inspiegabile da parte di Dio, come una sfortuna, come una trama malefica, come l’espressione del nonsenso dell’esistenza umana e così via…

Sono credenze che ciascuno di noi ha, spesso senza averne neppure coscienza.  Si può credere a quello che si vuole, o avere credenze senza neppure rendersene conto, oppure scegliere di coltivare credenze che liberino dalla sofferenza o accrescano il proprio potenziale.

Personalmente credo che la prova, qualsiasi prova, sia un’opportunità di crescita.

Conosco cosa significa vivere l’esperienza della perdita; in quella esperienza ho scoperto che esisteva una domanda che potevo pormi:  “che cosa posso imparare come essere umano da questa esperienza?”

Per questo spesso il trauma rivela le radici della forza e nel mezzo del più gelido inverno, come scrive Victor Hugo, si scopre di avere nel cuore un’invincibile estate.

Per questo il trauma è apprendimento, e il dolore, in questa dimensione terrena e carnale che ci troviamo a vivere, è nostro malgrado un potente maestro.

Per imparare, tuttavia, abbiamo bisogno di passare attraverso un tunnel emotivo e ho imparato, nella vita e nella professione, che questo tunnel è il processo del perdono.

Il perdono è dunque soprattutto una guarigione dell’Ego.

L’Ego, il nostro Io, la nostra mente critica o razionale funziona sui principi dell’avere, del competere e della separazione. Ciò che conta è il possesso dei beni o delle persone, il successo, il risultato e si vive come entità separate,separate dagli altri, separate da Dio, separate da coloro che sono assenti o non ci sono più…

Il perdono sposta letteralmente il nostro essere alla dimensione del sentire e dell’amare e l’amore è soprattutto unione, sintonizzazione, condivisione universale,e in questo senso è l’opposto della solitudine.

Molte persone ritengono di saper perdonare e vivono nella illusione di farlo, ma non esiste, secondo le parole di Rosenzweig, un perdono a basso prezzo.

Il perdono mentale non è  vero perdono poichè si sviluppa nel pensare e non nel sentire.  Quante volte sentiamo dire “non importa, lascia andare, non ci puoi fare nulla, devi accettare”…

Siamo realistici, questo può funzionare con uno sforzo di volontà, ma questo sforzo per quanto grande sia, finisce con l’esaurirsi, e lascia il posto ad un vuoto più grande; oppure, se la volontà è dotata di enorme energia, può continuare a profondersi in questo sforzo, ma al prezzo di indebolire il sistema, di prosciugarlo man mano e, presto o tardi, produrre una malattia, presumibilmente nel corpo dove si annidano le emozioni inespresse, le rabbie silenziose, le lacrime non piante, le parole non dette, ma anche l’odio per se stessi e l’incapacità di provare compassione per i propri bisogni.

Perdono non significa porgere l’altra guancia, perdono non significa ripetere lo stesso errore due volte, perchè questo significherebbe che non c’è stato apprendimento e non si è cresciuti abbastanza.

Perdono significa che si compie un notevole cambiamento nel modo di percepirsi e di percepire le ferite ricevute e le persone o gli eventi che le hanno causate. Questo produce un enorme cambiamento nel subconscio e una improvvisa e intensa apertura dell’essere.

Perdono non significa condonare ciò che è successo, percepire buono qualcosa che è stato cattivo o bello qualcosa che è stato brutto e neppure dimenticare; il processo del perdono è l’attraversamento profondo dei sentimenti interni, è riviverli in tutta la loro forza e al massimo della loro intensità per poi liberarsene, per liberarsi della sofferenza e non doverne più essere feriti.

Nulla è cambiato di ciò che è accaduto, tranne la persona che lo ha vissuto e quando il processo del perdono è completato, i benefici sono immediati, si avvertono nel tempo di un respiro,  un respiro che di solito diviene istantaneamente leggero e sollevato.

Ma la fase più potente del processo giunge con il perdono di Sè: questo percorso conduce ad una vera e propria riorganizzazione della mente subconscia e del cervello emotivo.

Niente libera e solleva quanto l’affrontare il proprio senso di colpa e vedere e sentire come le parti di Sè che hanno commesso errori  siano state parti che tentavano la protezione e la difesa del Sè: da uno stato di separazione interna, di frammentazione in parti, si giunge alla ricomposizione e all’unione interna, ed è allora che quella stessa parte protettiva retrocederà e smetterà di ostacolare le esperienze dolorose che portano a una crescita personale.

E’ allora che si apriranno strade nuove  e  nuove traiettorie di cambiamento.  E’ allora che si può sentire si amare ancora la vita e voler cercare ancora la felicità.

Il processo del perdono, dopo un lutto o un trauma in generale, può avvenire spontaneamente, ma di frequente necessita di essere aiutato a realizzarsi, come la levatrice aiuta il bambino a nascere nella maieutica socratica.  Questa è la ragione per cui può essere molto utile rivolgersi ad un professionista in grado di aiutare la persona a vivere le proprie emozioni dipanandole una ad una, dalla tristezza, alla rabbia, alla paura fino all’esperienza dell’amore e della riconciliazione con le proprie parti e con la vita.

Le più recenti ricerche sul campo hanno dimostrato che le tecniche terapeutiche di maggior efficacia sono quelle in grado di condurre ad una riorganizzazione vera e propria di alcune regioni cerebrali denominate sistema limbico e connesse alla corteccia cerebrale prefrontale. Queste regioni costituiscono il cosiddetto cervello emotivo, che presiede a molte funzioni essenziali per la vita psichica e somatica.

Le tecniche che agiscono in questo modo sono le tecniche che si focalizzano sull’accesso diretto alle emozioni, sulle percezioni corporee collegate al vissuto emotivo e sull’apertura dei canali inconsci del sentire, piuttosto che sulla interpretazione intellettuale e sul pensiero teorico.

 

La nostra paura più profonda
non è di essere inadeguati.
La nostra paura più profonda,
è di essere potenti oltre ogni limite.
E’ la nostra luce, non la nostra ombra,
a spaventarci di più.
Ci domandiamo: ” Chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso? ”
In realtà chi sei tu per NON esserlo?
Siamo figli di Dio
.
Il nostro giocare in piccolo,
non serve al mondo.
Non c’è nulla di illuminato
nello sminuire se stessi cosicchè gli altri
non si sentano insicuri intorno a noi.
Siamo tutti nati per risplendere,
come fanno i bambini.
Siamo nati per rendere manifesta
la gloria di Dio che è dentro di noi.
Non solo in alcuni di noi:
è in ognuno di noi.
E quando permettiamo alla nostra luce
di risplendere, inconsapevolmente diamo
agli altri la possibilità di fare lo stesso.
E quando ci liberiamo dalle nostre paure,
la nostra presenza
automaticamente libera
gli altri.

Marianne Williamson

(poesia citata da Nelson Mandela nel suo discorso di insediamento)